Anna Scimone

Anna Scimone

Saluto il Rettore e le Autorità presenti, gli organi accademici, il Direttore Generale e il corpo Docente, gli studenti, i colleghi e tutti gli intervenuti a questa cerimonia.

Lo spazio concesso in questa importante occasione fornisce l’opportunità di portare a tutti i presenti la “voce” del personale Tecnico, Amministrativo e delle Biblioteche (TAB). In una Università moderna come la nostra, rivestiamo un ruolo di rilievo in ordine all’attuazione della mission dell’Ateneo che oggi più che mai guarda al futuro come Istituzione dedicata alla didattica e alla ricerca, in un contesto non solo locale o nazionale, ma soprattutto europeo e internazionale, come Istituzione sociale della nostra Regione.

L’attuazione di tante riforme contenute nella legge Gelmini (L.240/2010) è stata resa possibile anche grazie all’impegno e al senso di responsabilità di tutti noi, che ci siamo messi a disposizione, in tempi strettissimi, con nuove competenze e maggiori responsabilità personali, in un ambiente in costante evoluzione, caratterizzato da una concorrenza crescente a livello nazionale ed europeo e dal delinearsi di nuovi bisogni, ai quali le Università devono fornire una risposta per poter essere competitive.

L’Università d’Annunzio, così come altri Atenei, ha subito una profonda trasformazione, voluta sia dai Vertici, Rettore e Direttore Generale, che dagli organi di Governo, Senato e Consiglio di Amministrazione, i quali hanno avvertito la necessità di individuare strumenti agili ed efficaci per gestire l’autonomia della Legge Gelmini. Hanno tanto riflettuto sulle problematiche inerenti alla pianificazione strategica, sulla definizione degli obiettivi, sulla programmazione triennale e sulla logica di pareggio del Bilancio, percorrendo in questo modo la strada che conduce all’aziendalizzazione degli Enti Pubblici.

La riorganizzazione del personale ha rappresentato un elemento di novità per il nostro Ateneo, in quanto non era stata affrontata prima in modo sistematico ed organizzato. La naturale conseguenza è stata un cambiamento culturale ancor prima che di lavoro. Tale cambiamento è stato avviato nel 2012 quando, nel nuovo organigramma, ogni Area, ogni settore è stato pensato non più come la funzione di un adempimento burocratico, ma come un centro di responsabilità che concorre direttamente agli obiettivi strategici dell’Ateneo. A ciascuna area sono stati assegnati degli obiettivi di breve periodo, in linea con le finalità dell’Ateneo stesso. Sono state disegnate le aree che conosciamo l’area della Didattica, delle Biblioteche, quella Informatica, quella Tecnica, ed i Dipartimenti, oltre alle Aree più tipiche dell’Amministrazione centrale come l’area degli Affari Generali, del Personale, del Patrimonio, quella Finanziaria, ed infine, le aree direttamente collegate alla riforma Gelmini, l’area della Programmazione triennale e controllo di gestione, della Ricerca e del trasferimento Tecnologico.

Mutamenti radicali come questi sono stati possibili grazie ad un forte contributo del personale TAB che deve essere considerato parte di un sistema, in cui ciascuno possa trovare soddisfazione per il proprio lavoro e il giusto riconoscimento, attraverso lo strumento delle performance.

Il mondo accademico sta affrontando una sfida, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni (Dlgs 150/2009), nell’ottica del miglioramento della qualità dei servizi offerti e della crescita delle competenze professionali attraverso la valorizzazione del merito.

Abbiamo ormai acquisito la consapevolezza che, di fronte alla crisi del settore Pubblico, non è più possibile perseverare nell’adozione di logiche burocratiche dietro le quali si nascondono artatamente situazioni di inefficienza, scarsa professionalità e scarsa qualità dei servizi.

In un contesto storico caratterizzato da precarietà e sfiducia, in un momento in cui il mercato del lavoro privato attraversa una crisi ben più grande della nostra. Mentre il Personale TAB vive con molta preoccupazione l’attuazione delle leggi di stabilità che si sono succedute negli ultimi anni, le quali prevedono la drastica diminuzione delle entrate per gli Atenei, mettendo così a rischio i servizi essenziali per il funzionamento, per la didattica e la ricerca, e per le politiche a favore del personale, i lavoratori del settore privato vivono momenti drammatici per la perdita del proprio posto, a causa della fase di recessione che stiamo vivendo.

Si consideri che in questi ultimi anni l’applicazione dei nuovi Statuti ha dato vita a organigrammi integrati e funzionali all’identità di ciascuna area e ciascun servizio, all’interno dei quali il personale occupa ora una dimensione privilegiata: ad esso è stato riservato uno spazio, dove poter sviluppare quelle nuove competenze che lo hanno trasformato nel protagonista di nuove figure professionali.

Tutto questo è avvenuto all’interno di una amministrazione pubblica, con una formazione specifica e di qualità: le figure dei collaboratori, grazie ad aggiornamenti mirati direttamente sulla base dei servizi resi, si sono trasformate in qualcosa di molto più vicino al “collega” che del settore privato, che volge lo sguardo alla nostra forza lavoro ormai senza diffidenza.

Di fatto l’Ateneo ha speso il massimo della quota consentita dalla legge (L. 122/2010) per la nostra ri-qualificazione professionale, normativa che pone come vincolo la spesa iscritta a bilancio nell’anno 2009.

Per i corsi di aggiornamento fuori sede sono state impiegate risorse pari a 20.000 euro nel 2012, 40.000 euro nel 2013 e 52.000 nel 2014, oltre alle spese di missione vere e proprie: l’aggiornamento ha coinvolto tutti i settori, dalla formazione sul Management didattico alla gestione dei nuovi dipartimenti, dall’Europrogettazione per l’internazionalizzazione dell’Ateneo al nuovo sistema di bilancio e contabilità.

Sono stati organizzati corsi anche in sede e durante l’orario di lavoro, per poter permettere a tutto il personale di partecipare: corsi CINECA, SEBINA, KION, Titulus con la partecipazione del personale delle Biblioteche, delle Segreterie studenti, dell’amministrazione centrale e dei dipartimenti.

Lo scopo è stato quello di trasformare statici burocrati in nuove figure manageriali, detentrici della giusta professionalità,che troverebbero una meritata collocazione nel mercato del lavoro privato, qualora la volessero, nel momento in cui il nostro paese vivrà una ripresa dell’economia.

Una maggiore qualificazione professionale, secondo le leggi del mercato del lavoro, comporterebbe un miglioramento del trattamento economico, ma per il personale tutto degli Atenei italiani non è stato così.

Basti considerare che il CCNL è fermo dal 2009, ma ad esso si fa ancora riferimento; anche la Circolare della Funzione Pubblica del 2010 (n. 7) in materia di contrattazione e la legge Brunetta (Dlgs 150/2009) hanno espressamente rinviato l’applicazione delle norme in materia di merito e premialità ai rinnovi contrattuali nazionali (Titolo III). Nel 2010 la Funzione pubblica certamente immaginava tempi piu’ ristretti per l’entrata a regime della riforma e non aveva considerato il prolungarsi di una crisi economica che coinvolgeva anche il nostro paese, tale da impedire il rinnovo del CCNL per il biennio 2010-2012.

La motivazione che ci induce a continuare a operare, pur senza meccanismi incentivanti, risiede nel senso di responsabilità e di appartenenza alla struttura, nel sentirsi parte attiva del processo, ma questo potrebbe non bastare se si pensa di protrarre ancora nel tempo il blocco degli stipendi: per lavorare bene è importante che ci sia un clima sereno e collaborativo.

 

E’ per questo che, il tema riguardante il Trattamento Accessorio, costituisce per noi tutti un fattore di demotivazione. Infatti negli ultimi anni abbiamo assistito ad un susseguirsi di norme, circolari ministeriali e interpretazioni che di fatto limitano e pregiudicano le politiche di compensazione esprimibili dagli Atenei con risorse proprie a favore del Personale, che invece vorrebbero allentare i vincoli di turn-over e i vincoli di contenimento della spesa per favorire le nostre prospettive di crescita salariale e di carriera.

Quando si parla di accessorio si pensa in primo luogo all’indennità mensile accessoria, al centro dei dibattiti interni ed esterni all’Ateneo. Da quando è stata sospesa. siamo stati sopraffatti da sentimenti di angoscia perché dopo tutti i nostri sforzi di riqualificazione professionale, in un contesto di aziendalizzazione dell’ente Università, abbiamo visto addirittura diminuire il nostro salario e ci siamo sentiti traditi poiché a fronte dei nostri sforzi e del nostro impegno ci è stato sottratto qualcosa. Ma soprattutto ci siamo sentiti soli ed abbiamo chiesto in giro ai nostri colleghi degli altri Atenei per chiedere solidarietà e brevemente questi sono i riscontri.

Alcuni Atenei hanno Contratti Collettivi Integrativi che non prevedono il salario accessorio, come l’università di Pavia, mentre altri come Bologna, Parma, Pisa, Napoli, Siena, Venezia, godono di un salario accessorio mensile compreso tra 66 e 140 euro lordi per dodici mensilità. Quindi al massimo 1.680 euro lordi annui, in alcuni casi non cumulabili con altre indennità.

L’Ateneo Federico II ha erogato nel 2014 l’indennità mensile accessoria finalizzandola, però, ai processi di riorganizzazione in essere nell’Ateneo per l’attuazione del nuovo Statuto.

L’università di Bari, tra tante polemiche, ha deciso di sospendere l’erogazione del salario accessorio per alcune categorie, sulla spinta degli organi di controllo e in conseguenza di una ispezione MEF simile alla nostra.

Dal 2014 altri Atenei hanno scelto comunque di non effettuare più distribuzioni a pioggia, in quanto contrari alla legge Brunetta che impone invece di organizzare preventivamente un sistema di rilevazione della produttività individuale e collettiva. Pertanto ne hanno rinviato al 2015 l’erogazione, e comunque dopo aver messo a regime il sistema di valutazione: così ha scelto l’Università dell’Aquila.

In conclusione, osservando i Contratti Collettivi Integrativi degli ultimi anni nel panorama degli Atenei italiani emerge che ci troviamo davanti ad una fase di stallo generalizzata, ancorchè l’unico strumento disponibile è dato dai sistemi di misurazione e valutazione delle performance. Dobbiamo pertanto attendere che il legislatore intervenga fornendo strumenti utili al superamento dei vincoli alle politiche di compensazione di quegli atenei interessati a destinare le risorse proprie a favore del Personale, garantendo così, la giusta prospettiva di crescita. Con queste premesse gli atenei virtuosi potranno finalmente destinare le ulteriori risorse disponibili per realizzare la meritata crescita salariale e di carriera.

Dunque auspico che la nostra Istituzione ci guidi verso un nuovo anno di lavoro con serenità e collaborazione: solo nella nostra volontà, nella nostra determinazione a perseguire tenacemente gli obiettivi condivisi è la misura di quel successo che potremo conquistare.