Il volume di Sennett centra l’attenzione sul rapporto tra abilità manuali e agire sociale, secondo un piano di ricerca in cui si combinano sociologia, arte, letteratura, comunicazione. La regola del saper fare bene le cose per il proprio piacere ha alimentato lo sviluppo di tecniche raffinate e determinato la nascita della conoscenza scientifica moderna. Fabbri, orafi, liutai sono gli interpreti dell’unione tra conoscenza materiale e abilità manuale. Ma non è il solo lavoro manuale a giovarsi della sinergia tra teoria e pratica. Secondo Sennett, il perfetto artigiano è colui che sa governare se stesso e dosare autonomia rispetto alle regole. L’artista artigiano non è soltanto in grado di costruire un violino o un orologio perfetti, di realizzare un ponte o un palazzo immortali, ma è anche un cittadino giusto ed equilibrato. Sennett presta attenzione tanto agli ingegneri romani quanto agli orafi rinascimentali, ai tipografi parigini del Settecento e alle fabbriche della Londra industriale, senza trascurare l’invenzione dei telescopi, dei microscopi e del bisturi, secondo un percorso storico che consente di enfatizzare le linee di demarcazione tra tecnica ed espressione, arte e artigianato, creazione e applicazione, conoscenza e comunicazione. Tale percorso di ricerca si concentra sulle tecniche edilizie impiegate a Pompei quanto sul genio rinascimentale di Benvenuto Cellini e Giorgio Vasari, fino alle case automobilistiche e ai creatori di Linux, gli artigiani della moderna cattedrale informatica. Viviamo nuove forme di artigianalità diffusa, perché, come ricorda Sennett, “ciò che siamo discende direttamente da ciò che il nostro corpo sa fare” (275).