L’Ingegneria sismica fra presente e futuro - Prof. Enrico Spacone

Enrico Spacone

Magnifico Rettore, Autorità, Colleghi, Studenti, Signore e Signori, ringrazio vivamente dell’invito a tenere questa lezione inaugurale dell’Anno Accademico 2015/16. Sono onorato per il privilegio accordatomi, che per me rappresenta l’opportunità di parlare di un tema che mi appassiona da oltre 25 anni, e che è - soprattutto - strategico per l’università e per la nostra società.

L’Ingegneria sismica è un settore multidisciplinare dell’ingegneria civile che studia la risposta ai terremoti dell’ambiente costruito e dei terreni, al fine di:
- progettare costruzioni nuove sicure
- aumentare la sicurezza sismica delle costruzioni esistenti.

Lo studio dei fenomeni che governano i terremoti non è parte propriamente detta dell’ingegneria sismica.
E’ la geofisica che fornisce le mappe di pericolosità sismica, come quella dell’immagine, dove le zone più scure indicano una maggiore sismicità. Queste mappe forniscono il cosiddetto terremoto di progetto, usato dagli ingegneri per il dimensionamento delle strutture.
Ma quali sono le forze sismiche sulle costruzioni? Consideriamo un semplicissimo telaio in cemento armato, parte della struttura portante di un edificio.
Indicate con le frecce verdi sono le forze gravitazionali (quali il peso proprio della struttura e il nostro peso in questo momento su questo edificio). Sono forze sempre presenti. Sono forze statiche, e quindi non inducono oscillazioni nella struttura.
Il terre-moto è un moto - o spostamento - del suolo che induce sulla struttura le forze sismiche indicate in rosso. Le forze sismiche inducono a loro volta oscillazioni o vibrazioni.
Le oscillazioni causate da un terremoto forte durano pochi secondi rispetto alla lunga vita di una struttura. Ma la progettazione deve considerare questi pochi secondi, al fine di assicurare la giusta sicurezza delle costruzioni.
Gli effetti su costruzioni non progettate sismicamente sono ampiamente documentati dai terremoti passati. Ne cito due che in diverse vesti ho vissuto personalmente.
Il primo è il terremoto del Friuli 1976. In alto si vede il duomo di Gemona, parzialmente crollato. I danni furono amplificati dalle caratteristiche dei terreni e dalla posizione dei paesi colpiti, in sommità ad alture, oltre che dalla inadeguatezza strutturale di molte costruzioni esistenti.
Vivissimo è ancora il ricordo del terremoto del 6 aprile 2009 all’Aquila, che ha colpito uno dei centri storici più grandi, importanti e artisticamente rilevanti del centro Italia.
Robert K. Reitherman, direttore del CUREE, Consorzio delle Università per la Ricerca in Ingegneria Sismica degli Stati Uniti, nel suo libro del 2012 sulla storia del rapporto fra Ingegneri e Terremoti, enuncia cinque temi a suo avviso centrali per l’ingegneria sismica.
Li presento qui anche allo scopo di seguire l’evoluzione dell’ingegneria sismica.
Il primo tema è la Dinamica.
La Dinamica sismica studia le oscillazioni delle strutture soggette a un terremoto.
Dato il terremoto si calcolano le oscillazioni della struttura da queste gli spostamenti e le forze sismiche che servono per la progettazione della struttura.
L’approccio dinamico prende piede nell’ingegneria sismica negli anni del secondo dopoguerra.
Per studiare l’effetto dei terremoti sulle costruzioni non bastano però le teorie della dinamica sismca e le osservazioni dei danni causati da terremoti passati.
Fondamentali sono le prove sperimentali, prime fra tutte quelle su tavola vibrante. Si tratta di tavole sulle quali viene costruita una struttura, in scala reale o ridotta. L’immagine si riferisce alla tavola della Università della California a San Diego, di dimensioni 8 x 12 m circa. I pistoni neri in figura applicano alla base della tavola una sequenza di spostamenti, corrispondenti ad un terremoto.
Questo è un edificio in muratura sulla tavola vibrante dell’Eucentre di Pavia. Le strutture vengono sottoposte a terremoti di intensità crescente per studiare come aumenta il danno al crescere dell’intensità del terremoto.
Queste prove sono utilissime, ma anche molto costose.
Diventano fondamentali i cosiddetti modelli di calcolo delle strutture.
Il rapido sviluppo dei computer a partire dagli anni ’60 porta all’affermarsi del calcolo strutturale moderno, fatto con software per il calcolo degli sforzi, delle deformazioni e degli spostamenti generati nelle strutture da diverse azioni, quali quelle sismiche.
Alcuni dei primi passi in questo settore originano proprio dall’ingegneria sismica.
Fu infatti Ray Clough (uno dei padri dell’ingegneria sismica moderna, Prof. di Ingegneria Civile alla Università di California  Berkeley) che nel 1960 coniò il termine Elementi Finiti. Il Metodo agli Elementi Finiti è il metodo di calcolo oggi più diffuso nell’ingegneria strutturale (con applicazioni nell’ingegneria civile, meccanica, aeronautica, nella bioingegneria, e in altri settori delle scienze pure ed applicate).
Gli anni ’60 e ’70 sono un periodo pioneristico per l’ingegneria sismica. Gli studi della risposta delle strutture ai terremoti portano a rapidi progressi e alla continua elaborazione di nuovi concetti.
Fra questi, centrali per l’ingegneria sismica moderna sono certamente l’inelasticità e la duttilità, temi strettamente legati che meritano particolare attenzione.
Consideriamo la piccola lastra in figura. E’ stata fortemente caricata, a tal punto che si è gravemente fessurata e se scaricata, non tornerà più alla sua posizione iniziale orizzontale. E’ diventata non-elastica, o inelastica.
Il danno, o l’inelasticità, può essere di due tipi fondamentali: fragile o duttile.
Il vetro, per esempio, passa da un comportamento elastico ad uno inelastico quasi istantaneamente, rompendosi: è un materiale fragile.
L’acciaio invece, se allungato, diventa inelastico senza rompersi, ma mantenendo integrità fino a grandi allungamenti. Si parla in questo caso di comportamento duttile.
Nel caso delle costruzioni, progettare strutture infinitamente resistenti è impraticabile, sia per i costi che per la non prevedibilità dei terremoti. Quello che si fa è progettare strutture duttili.
Questi concetti sono alla base della progettazione moderna detta anche progettazione prestazionale.
Il concetto è illustrato in questo grafico, che sull’asse orizzontale riporta l’intensità del terremoto, e sull’asse verticale la resistenza della struttura.
Per un terremoto debole, come quello indicato dal piccolo cerchio rosso la struttura deve rimanere non danneggiata o con danni molto lievi.
Per un terremoto un po’ più forte la struttura deve al massimo subire danni lievi. Si intravedono nella figura delle piccole fessure sulle pareti esterne.
Per un terremoto forte (ora il grande cerchio indica una forte intensità) la struttura può subire danni moderati. Vediamo delle fessure esterne ben riconoscibili.
Per un terremoto fortissimo la struttura può subire danni importanti, come indicato dalle grosse fessure in figura, ma non crolla, in quanto progettata per essere duttile.

La filosofia prestazionale, alla base della progettazione strutturale moderna, si applica a tutte le azioni, quali sisma, vento, neve, etc. Al crescere dell’intensità dei carichi, si definiscono le prestazioni attese dalla struttura.

Nel caso sismico, una serie di regole di progettazione e di dettagli costruttivi prescritti dalle normative garantiscono livelli di sicurezza ancora più alti di quelli indicati in figura.

Concentriamoci per un attimo sui due terremoti più forti. I limiti prestazionali indicati si riferiscono ad una costruzione ordinaria.

Per strutture classificate di interesse per la protezione civile, quali le strutture rilevanti, (le scuole, x esempio) e quelle strategiche (come gli ospedali), vengono richieste prestazioni maggiori come qui vediamo per il caso di un ospedale.

Anche nel caso di terremoti forti o fortissimi, l’ospedale deve danneggiarsi poco o niente al fine di rimanere operativo, per ovvii motivi di gestione dell’emergenza.

Il terzo tema è di grande interesse per la ricerca e riguarda l’approccio probabilistico all’ingegneria antisismica.
Nella progettazione sismica esistono parecchie incertezze.
La prima è il terremoto.
Dato un certo sito, non si può dire con certezza quando ci sarà un terremoto di una certa intensità. Quello che si può stimare è la probabilità che, in un certo lasso di tempo, ci sia un terremoto di una certa intensità.
Per esempio, per la faglia di Sant’Andrea (rappresentata dalla linea rossa sulla cartina della California) l’immagine illustra la probabilità di avere un terremoto molto forte (il Big One) in diverse località della faglia, nell’arco di tempo fra il 1988 ed il 2018. Se prendiamo Parkfield, la probabilità stimata è del 90%. Ad oggi, il Big One non c’è stato, non è detto che ci sarà e non è detto che sarà vicino a Parkfield. Si può solo dire che è altamente probabile che avvenga lì.
D’altro canto, esistono incertezze sulle caratteristiche meccaniche dei materiali.
La resistenza a compressione del calcestruzzo in un dato edificio, per esempio, è definita da una distribuzione di valori, con un valore medio ed una misura della dispersione dei valori.
Vi sono infine incertezze ed inesattezze nei modelli di calcolo usati.
Date tutte queste incertezze la maniera corretta di descrivere la sicurezza è definire la probabilità che la Capacità di resistenza della struttura sia superiore alla Domanda dovuta al sisma. La probabilità richiesta è ovviamente altissima.
Questo approccio probabilistico inizia a trovare applicazioni anche al di fuori del campo della ricerca.
Gli ultimi due temi sono meno tecnici. Il quarto riguarda il  contesto socio-politico-economico, che influenza pesantemente l’impatto di un terremoto forte sulla società civile, e anche su quella scientifica.
Per esempio, il terremoto di San Fernando, a est di Los Angeles, del 1971 ha avuto un impatto enorme sugli sviluppi dell’ingegneria sismica, per il momento storico nel quale è avvenuto, il luogo in cui è avvenuto, e l’infrastruttura di ricerca che l’ha studiato. Ha causato danni importanti a strutture strategiche, come l’ospedale in alto, l’autostrada in basso a sinistra e la diga in terra in basso a destra. Tali danni portarono ad un notevole miglioramento delle normative sismiche.
In Italia il terremoto del Molise del 2002 è stato la molla che ha portato ad un aggiornamento radicale della nostra normativa sismica, entrato poi in vigore a seguito del terremoto dell’Aquila del 2009, dopo ripetuti rinvii.
Lo studio dei danni causati da questi terremoti ha portato ad un salto di qualità nell’ingegneria sismica, e non solo nei Paesi nei quali sono avvenuti.
Altrettanto non si può dire per terremoti anche più forti che colpiscono nazioni senza un’infrastruttura politica, amministrativa e di protezione civile capaci di trasformare i danni causati dal terremoto in una opportunità di crescita e di miglioramento dell’infrastruttura del costruito.
Quinto tema è quello della globalizzazione, che non poteva non toccare anche l’ingegneria sismica.
L’ingegneria civile moderna ha portato alla diffusione globale di validissime tecniche di progettazione e costruzione. La comunità scientifica mondiale condivide principi riguardanti le costruzioni in cemento armato, acciaio, murtura, etc. Si parla di un Modello Globale del Terremoto.
Vi è tuttavia il rischio che la globalizzazione porti ad una omogeneizzazione delle modalità costruttive e all’obliterazione di tecniche costruttive minori e/o locali.
Le strutture storiche, per esempio, devono seguire regole di rinforzo che rispettano i caratteri architettonici, artistici e culturali di tali opere, che variano da luogo a luogo.
Bisogna promuovere l’uso di tecniche costruttive tradizionali locali, come questa costruzione mista pietra – terra cruda nel centro storico di Cuzco in Peru. Queste tecniche tradizionali, combinate con le attuali nozioni di sicurezza sismica, possono portare a strutture sicure con un forte carattere autoctono come questo museo in terra cruda realizzato in New Mexico, negli Stati Uniti
Ma qual è lo stato dell’ingegneria sismica oggi e quali i possibili sviluppi futuri?
Ricordiamo innanzitutto che l’ingegneria sismica moderna è una disciplina giovane che si è sviluppata in ambito universitario dal secondo dopoguerra e che le ricadute pratiche nel mondo delle costruzioni sono ancora più recenti. Lo stato attuale delle conoscenze e delle normative sismiche è avanzato.
Nonostante livelli di finanziamento bassi, la comunità scientifica italiana dell’ingegneria sismica rappresenta una eccellenza mondiale, grazie al lavoro coordinato fra i gruppi di ricerca e alle intense collaborazioni internazionali.
Rimangono ancora molte questioni da investigare, che indicano importanti direzioni di ricerca. Ne ho scelte tre, di interesse non solo nel campo scientifico.
La prima riguarda gli edifici industriali.
Il terremoto dell’Emilia del 2012 ha evidenziato la necessità di migliorare la progettazione sismica dei capannoni industriali, per le eventuali ricadute non solo sulla sicurezza dei lavoratori, ma anche sul sistema produttivo.
Altro tema di grande interesse è quello del comportamento dei terreni di fondazione e delle opere in terra.
Tali studi sono particolarmente difficili per le alte variabilità ed incertezze dei comportamenti meccanici delle terre, ma l’importanza del tema è grande come si può per esempio vedere dai danni causati da una frana e dagli effetti della liquefazione dei terreni quando le fondazioni non sono opportunamente progettate.
Infine, vi è infine un tema al quale la comunità scientifica, in particolare quella italiana, è chiamata a dare un forte contributo. Il tema è quello del costruito esistente.
Vediamo prima la questione alla scala del singolo manufatto. L’Italia ha un parco costruzioni vecchio.
E mi riferisco da una parte al costruito degli anni del boom economico, che ha bisogno di valutazioni ed eventuali interventi congiunti di miglioramento strutturale, energetico e funzionale per portarle ai livelli prestazionali delle costruzioni nuove.
Dall’altra, vi è l’inestimabile patrimonio del costruito storico e monumentale. Queste strutture in muratura storica posso essere vulnerabili, come dimostrano i danni all’Aquila e in Emilia e come testimoniano i presidi antisismici aggiunti nel tempo come le catene evidenziate in rosso in queste immagini del castello di Melfi.
La messa in sicurezza del costruito esistente non è solo una questione tecnica. E’ fondamentale mettere a punto strumenti e politiche che permettano l’ottimizzazione delle limitate risorse disponibili e la loro programmazione nel tempo.
Per far questo bisogna guardare il costruito ad una scala diversa a quella urbana e territoriale. 
Dato un centro urbano, bisogna considerare tutto ciò che lo definisce:
a partire dagli edifici pubblici, privati e di culto ma anche le vie e i sistemi di comunicazione le reti di distribuzione acqua, gas, elettricità, etc nonché le attività economiche e commerciali insomma tutte le funzioni contenute nell’ambiente antropizzato.
Questo per studiare la cosiddetta resilienza urbana.
La resilienza urbana può essere definita come la capacità di una comunità di rimbalzare da una crisi, quale quella causata da un forte terremoto.
Per aumentare la resilienza possiamo
Da una parte promuovere azioni di mitigazione e prevenzione del rischio, per ridurre l’impatto di un possibile evento eccezionale
e dall’altra predisporre una infrastruttura per la gestione della crisi allo scopo di ridurre i tempi e le difficoltà di recupero post evento eccezionale.
Qualunque studio sulla resilienza deve considerare:
la molteplicità dei rischi, che possono essere naturali (terremoto, tsunami, idro-geologico, incendio, cambiamenti climatici, e via dicendo) e antropici
la multidisciplinarietà del tema, che coinvolge la geologia, l’urbanistica, l’ingegneria, l’architettura, la sociologia, l’economia e la finanza, e così via.
L’ingegneria sismica sta affrontando la tematica della resilienza su scala urbana e territoriale con importanti sforzi di ricerca per ora soprattutto teorica, identificando modelli e algoritmi che forniscono indicatori per la valutazione della resilienza e scenari per il miglioramento della resilienza.
Ritengo che la sfida per noi ingegneri e per tutta la comunità scientifica sia quella di riuscire a portare questi approcci teorici ad un livello di sviluppo che li renda realmente applicabili, traslando gli approcci prestazionali dalla scala dell’edificio a quella urbana.

Per concludere, l’ingegneria sismica è una disciplina relativamente recente le cui ricerche hanno portato allo sviluppo di regole e tecniche costruttive per la realizzazione di costruzioni sempre più sicure. Il futuro è ricco di spunti di ricerca, anche per quanto riguarda la salvaguardia dell’ambiente costruito.

I terremoti sono fenomeni naturali che hanno forgiato il territorio del nostro Paese così come lo conosciamo, con le sue incredibili bellezze paesaggistiche.

I problemi sorgono ove il terremoto, o qualsiasi altro evento naturale, trova un ambiente costruito vulnerabile.

Il mondo dell’ingegneria sismica è chiamato oggi a interagire con altre discipline, per individuare mirate scelte politiche, di ricerca, di investimenti e di interventi per l’innalzamento della sicurezza dell’ambiente costruito, nel rispetto della sua identità storica, architettonica e culturale.