Intervento di Piero De Bonis - Personale Tecnico, Amministrativo e Bibliotecario

Il testo dell'intervento
Piero De Bonis

Saluto gli Studenti, il Rettore, le Autorità, i Senatori, i Consiglieri d’Amministrazione, il Direttore Generale, i Docenti, i Ricercatori, i Tecnici, gli Amministrativi, i Bibliotecari, i Moduli, e tutto il pubblico presente a questa cerimonia. 

Introduzione

Con viva e vibrante soddisfazione ho accettato l’invito di partecipare a questa cerimonia in rappresentanza del personale tecnico, amministrativo e bibliotecario, che per comodità continuerò a chiamare semplicemente TAB, ma vorrei oggi poter rappresentare anche tutti quei colleghi che ogni giorno condividono con noi gli stessi obiettivi e le stesse preoccupazioni nel comune tempo di lavoro, e dei quali non possiamo pronunciare i nomi, ma soltanto i numeri: quelli relativi alle corrispondenti commesse.

Mi è stata data questa opportunità e ne approfitterò, come sempre, per esprimere le mie idee, alle quali com’è noto non ho mai rinunciato, specialmente nei momenti in cui la solitudine e l’esempio di molti colleghi tendevano a suggerirmi strade più comode. In special modo oggi, in questa occasione solenne, vorrei essere il rappresentante di quei tanti colleghi che non hanno mai avuto voce e che hanno dovuto subire le logiche di una gestione dell’Università dove il merito è stato spesso visto come una colpa e quasi mai come una risorsa.

La gestione degli ultimi anni

Le scelte strategiche condotte negli ultimi quindici anni di gestione di questo Ateneo hanno fatto si che il personale tecnico, amministrativo e bibliotecario sia diminuito di circa 100 unità passando da circa 450 a 350 dipendenti mentre, nello stesso periodo, il personale docente e ricercatore è passato dalle circa 450 alle attuali 730 unità. Il personale TAB che è andato in pensione ha quindi reso disponibile una massa stipendiale utilizzata per il reclutamento dei ricercatori e per la progressione di carriera del personale docente senza che fosse superato il 90% del FFO, limite imposto al tetto delle retribuzioni del personale.

Ciò ha significato una notevole mobilità all’interno dell’area della docenza, ma ha fortemente indebolito le attività di supporto alle attività didattiche e di ricerca, tant’è vero che oggi il rapporto tra docenti e personale non docente è inferiore a 1 : 0,5: il più basso in assoluto a livello nazionale dove il rapporto tra docenti e TAB è di 1:0,94. A tale sperequazione il nostro Ateneo ha cercato di sopperire con l’inserimento del personale fornito dalle Cooperative Leonardo e Biblos che è oggi di circa 180 unità. Essi sono più della metà dei dipendenti a tempo indeterminato e la relativa spesa, non rientrando nel suddetto limite del 90%, ha contribuito a rendere possibile la manovra complessiva, ma non ha risolto il problema della gestione dei servizi e quando lo ha affrontato lo ha fatto in modo surrettizio (vedi Fondazione). La loro presenza è comunque la conferma che il personale di ruolo è ampiamente insufficiente perché senza questi colleghi oggi l’attività di molte strutture sarebbe completamente paralizzata.

Un record nazionale, quello di un così grande numero di lavoratori in affitto, che ritengo rappresenti un’anomalia da colmare in tempi brevi offrendo loro una opportunità per ottenere un doveroso risarcimento dopo anni ed anni di precarietà salariale e normativa, ma soprattutto familiare e umana.

Strategie dell'Ateneo

Questa strategia di gestione del personale TAB ha inoltre realizzato, nel tempo, un appiattimento all’interno delle categorie, limitando fortemente la mobilità verticale e l’articolazione dell’organizzazione, ed anche in questo caso al fine di conseguire maggiori risparmi. Non è un caso che nel nostro Ateneo non esistano Dirigenti di 2° livello ed il personale di categoria EP sia soltanto di due unità a fronte di un panorama nazionale in cui essi rappresentano circa il 5% del personale complessivo.

Infine la distribuzione a pioggia del salario accessorio ed il riconoscimento arbitrario e discrezionale dei meriti, molto spesso non per la qualità espressa ma per la fedeltà dimostrata, hanno indotto molti, per fortuna non tutti, ad abbandonare ogni velleità di impegno professionale e di speranza di miglioramento di carriera, per rifugiarsi nella gestione del quotidiano, con una enorme perdita in termini economici e di qualità del servizio offerto, sia agli studenti che al personale docente e ricercatore.

Una strategia che ha puntato solo alla crescita della docenza (e lo dico senza polemica, ma come un semplice dato di fatto) senza una visione complessiva dello sviluppo dell’Ateneo. Una strategia che ha perseguito solo il mantenimento del potere accademico perdendo di vista le esigenze di una crescita armoniosa, equilibrata ed efficiente.
Negli ultimi quindici anni nessun corteo, nessun sindacato e nessun giornalista ha mai detto una parola su questo disastro che ci ha ridotto ad una categoria residuale senza alcuna prospettiva di crescita e di valorizzazione. Una situazione di cui avremo piena contezza il giorno in cui andremo in pensione.

Azioni del nuovo rettorato

Il nuovo rettorato, anche a seguito delle norme dettate dalla recente riforma universitaria e dallo stato comatoso dei servizi, si è trovato di fronte alla necessità di operare un profondo cambiamento, principalmente culturale, che coinvolgerà sempre di più tutto il personale, docente e non.
Sul fronte dell’organizzazione, pur con le difficoltà legate alla contemporanea partenza di molteplici nuove iniziative, sono stati attivati diversi progetti che in parte recepiscono normative nazionali finora eluse, e che cercano di dare al nostro Ateneo una forma organizzativa in grado di rispondere alla domanda di maggiori servizi, o che più semplicemente rispondono alle esigenze di una buona amministrazione.
Sono state ristrutturate ed implementate le aree amministrative con la creazione di nuovi uffici, ed al contempo definita una struttura gerarchica che pone le basi per una impostazione di lavoro di tipo aziendale, rendendo più trasparenti le procedure e le responsabilità.
E’ partito il progetto del protocollo elettronico, che interesserà tutte le strutture, centrali e periferiche.
Sono state abolite le Facoltà con la conseguente creazione delle Scuole e, dove queste non sono state costituite, con la devoluzione delle attività didattiche ai Dipartimenti.

Innovazione in atto

E’ appena partita la sfida del nuovo sistema di bilancio unico e del Controllo di Gestione, che vedrà l’Ateneo non più come una confederazione di dipartimenti, ma come una azienda con un disegno strategico unitario e con progetti comuni da condividere, piuttosto che con interessi divergenti da dover gestire.

Tutte queste nuove iniziative stanno coinvolgendo gli amministrativi, i tecnici, i bibliotecari e i moduli e li stanno sottoponendo ad un serio e duro impegno sia sul versante della formazione, sia su quello dell’aggiornamento sia su quello dell’efficienza. La creazione di nuove strutture ha avuto bisogno di maggiori unità di personale ed esse sono state prelevate dagli uffici esistenti, portando spesso al limite la capacità delle strutture stesse nel poter essere pienamente e sufficientemente operative.

In questo clima di forte innovazione, il personale che rappresento è chiamato ad assolvere, in maniera crescente, ad un sempre più gravoso impegno, sia in termini qualitativi che in termini quantitativi, ma a questo impegno spesso non corrisponde la sensazione di essere tenuti nella giusta considerazione.

Siamo consapevoli delle difficoltà ereditate e della necessità di dover recuperare velocemente il tempo perduto, ma si ha tuttavia l’impressione che vi sia una scarsa volontà di condivisione degli obiettivi e che certi provvedimenti siano calati dall’alto, spesso senza coinvolgere le strutture interessate che poi li dovranno applicare. L’esperienza ci dice invece che sani e proficui rapporti di lavoro possono scaturire solo dal riconoscimento reciproco dei ruoli e delle funzioni sulla base di un coinvolgimento, il più ampio possibile, tra chi ha il compito di fare le scelte e chi ha l’onere di attuarle. In caso contrario si corre il rischio di ottenere solo un risicato minimo sindacale e credo che nella nostra situazione, di estrema difficoltà operativa per i dati che ho appena ricordato, ciò non sia quello che possiamo e dobbiamo augurarci.
Tutto questo all’interno di un quadro retributivo fermo da troppi anni, che assottiglia sempre di più la tranquillità delle famiglie in balìa di una crisi economica che le aggredisce, e che contribuisce a creare un clima generalizzato di preoccupazione e di insicurezza che fatalmente tende a ripercuotersi anche sulla qualità della vita lavorativa.

La vertenza in corso nel nostro Ateneo, di cui si leggono gli echi sui giornali locali, spesso interpretati da giornalisti distratti o forse troppo impegnati, rappresenta si la preoccupazione di non vedere diminuito il proprio reddito, ma dimostra anche, per la veemenza con la quale è condotta, il desiderio di riaffermare che certe cose non si possono e non si devono cambiare. Specialmente certe cattive abitudini maturate negli anni e dalle quali sono derivati privilegi inconfessabili e clientele ancora più inconfessabili, per le quali l’affermazione delle regole e dei diritti invece dell’arbitrio e dei favori, può essere l’inizio di una rivoluzione che, ridefinendo il quadro complessivo dell’azione amministrativa e gestionale, rischia di non lasciare più alcun margine alla furbizia, all’egoismo ed alle convenienze.
Proprio per questi motivi ed all’interno di questo quadro di forte cambiamento, il personale TAB non può permettersi di restare fermo ad un mero atteggiamento rivendicativo, ma deve anche avere la capacità di mettersi in gioco, esercitando con responsabilità e con la necessaria professionalità il suo ruolo all’interno delle mutate esigenze organizzative dell’Ateneo. 

Le sfide che ci aspettano

La sfida che ci attende sarà quella di farci coinvolgere, soprattutto culturalmente, chiedendo di partecipare attivamente al mutamento in corso, evitando così il rischio di doverne solo subire gli effetti. Anche per tali motivi va rivendicato una più ampia partecipazione alle scelte strategiche di gestione dell’Ateneo, attraverso la definizione di un piano che preveda la riattivazione del reclutamento del personale TAB, utilizzando parte dei punti organico a disposizione, da determinare attraverso la Contrattazione Integrativa tra Amministrazione e Rappresentanze Sindacali, per riportare il rapporto tra personale docente e personale tecnico-amministrativo il più possibile vicino a quello della media nazionale. Va inoltre chiesto all’Amministrazione l’impegno per la realizzazione di un piano di investimento sulle risorse interne che dia la possibilità, a chi ne ha i titoli ed i meriti, di poter progredire nella carriera vedendo riconosciuta e valorizzata la propria professionalità non solo come il risultato di una propria personale esperienza, ma come la parte di un comune patrimonio aziendale da capitalizzare.

Last but not least l’auspicio che i rapporti tra l’Amministrazione ed il suo personale tecnico, amministrativo e bibliotecario possano approdare, nel prossimo futuro, ad una normale relazione tra soggetti interessati al perseguimento degli stessi obiettivi, perché a nessuno giova il clima di diffidenza che si è venuto a creare. Un clima che alimenta uno stato di tensione ideale per chi vuole continuare a difendere e giustificare posizioni di retroguardia e di conservazione.
Sono convinto che stiamo attraversando un momento storico dal quale il nostro Paese uscirà profondamente cambiato.
Stiamo passando, seppur con i prevedibili ritardi e clamori suscitati dagli ingorghi delle greggi di agnelli, giustamente preoccupate dall’avvicinarsi della Santa Pasqua, ad un nuovo sistema politico ed economico che ci obbligherà ad abbandonare le cattive abitudini che ci hanno portato per l’ennesima volta sull’orlo del precipizio.
Sono convinto che ce la possiamo fare, perché abbiamo le qualità necessarie per farcela.
Ce la faremo magari attingendo alla memoria ed al ruolo che in passato questo Paese ha avuto nella storia dell’umanità, per tornare ad essere un grande Paese e, soprattutto, un Paese serio. Un Paese dove non si vince un concorso pubblico perché si è raccomandati e non si arriva alla docenza universitaria perché si hanno amici e cordate compiacenti, ma solo e semplicemente perché si è i più bravi.

Saremo quindi chiamati tutti insieme, docenti, studenti, tecnici, ricercatori, moduli e amministrativi a svolgere la nostra parte all’interno del sistema universitario, ognuno nel suo precipuo ruolo, con la speranza che siano definitivamente avviate al tramonto le prassi legate alla difesa degli interessi personali senza che questi siano parte degli interessi vitali della comunità tutta.
In questo modo potremo dare senza riserve e con piena consapevolezza il nostro fattivo contributo allo sviluppo ed al progresso di questa Istituzione, che rappresenta per la comunità scientifica nazionale un riconosciuto punto di eccellenza, e per la nostra terra d’Abruzzo un fattore irrinunciabile di crescita culturale, economica e civile.

Grazie.