Carmine Di Ilio - Rettore

Carmine Di Ilio

Autorità Civili, Religiose e Militari, Magnifici Rettori, Colleghe, Colleghi, Ricercatori, Tecnici e Amministrativi, cari Assegnisti, Borsisti, Dottorandi, care Studentesse, cari Studenti, Signore, Signori, graditissimi ospiti, a tutti voi che a vario titolo svolgete attività lavorativa nel nostro Ateneo dò il più sincero ringraziamento per la partecipazione a questa cerimonia inaugurale testimonianza della vostra benevola attenzione per la nostra Istituzione.

Sono trascorsi quasi quattro anni dall'approvazione della legge di riforma 240/2010 (meglio conosciuta come legge Gelmini) voluta con forza da una classe politica che considerava e continua a considerare l’Università non una risorsa, ma una parte dei problemi del nostro paese. Una legge si affermava che avrebbe permesso di coniugare autonomia e responsabilità di governo e che avrebbe favorito il rilancio degli Atenei. Accompagnata da una massiccia campagna di stampa, che ha dipinto, in modo semplicistico, gli Atenei come il regno dello spreco e del familismo, si diceva basta con i rettori a vita, finiamola con autoreferenzialità e baronie, mai più fondi a pioggia. Gli Atenei saranno valutati e le risorse assegnate secondo merito. Le Università, con rigore e impegno, diversamente da tante altre pubbliche amministrazioni, hanno da subito intrapreso un percorso di profonda trasformazione. Oggi il mandato dei rettori è unico, la governance degli Atenei è profondamente cambiata, un terzo del fondo di finanziamento ordinario (FFO) è assegnato su base competitiva, più che ogni altro paese al mondo. L’ANVUR, l’agenzia di valutazione della didattica e della ricerca, che doveva svolgere solo funzioni di servizio e consulenza, nel segno della terzietà, ma che è diventata una macchina burocratica costosa e autoreferenziale, produttrice di provvedimenti inutili e spesso controproducenti che contribuiscono a iper-burocratizzare la vita delle Università e della Ricerca degli Atenei ha comunque valutato la ricerca, i corsi di studio, i dottorati, i dipartimenti.

Ebbene, nonostante ciò e le promesse di rilancio perdura negli Atenei un disagevole senso di abbandono e incertezza che ancora rende incomprensibile quali siano, a parte il taglio dei finanziamenti e le limitazioni al turn-over, i provvedimenti con i quali rilanciare il sistema Universitario. Il finanziamento statale (FFO) oltre a ridursi, (1 miliardo di euro, circa il 15% in meno dal 2009) continua ad essere comunicato in gravissimo ritardo costringendo gli Atenei a redigere i bilanci di previsione e a programmarne uno triennale, peraltro secondo le nuove modalità di contabilità economico-patrimoniale, in assenza di dati certi.

La riforma che prometteva di risolvere il problema del precariato l’ha soprattutto cancellato. L’università italiana è letteralmente tenuta in piedi dai precari. Il numero dei docenti strutturati in servizio nelle Università si è drasticamente ridotto nel giro di sei anni passando da più di 60.000 unità a poco oltre 52.000 (una diminuzione del 15%), al contrario i docenti precari (ricercatori a tempo, inclusi i dottorandi, più assegnisti di ricerca) sono più che raddoppiati nello stesso periodo. Erano meno di 15.000 nell’anno 2008, oggi sono più di 32.000. Ma il dato che più dà l’idea di quanto il precariato sia una malattia cronica nelle nostre Università è quello che riguarda la percentuale di stabilizzazione. Dei 65.000 precari impegnati dalle Università italiane nell’ultimo decennio (età media 35 anni; più della metà donne) soltanto il 6% ha avuto l’opportunità di guadagnarsi un posto a tempo indeterminato negli ultimi 10 anni. Un enorme spreco se si pensa alle risorse investite dalla collettività per la loro formazione. Per la sola formazione di un dottore di ricerca, dalla scuola primaria fino al conseguimento del titolo, lo stato spende circa 500.000 mila euro. Una perdita economica, di competenze, professionalità e lavoro di ricerca che avrebbe potuto aiutare la crescita e lo sviluppo del nostro paese. Un grande patrimonio di intelligenza e creatività che rischia di essere sprecato. Molti di questi giovani meritevoli stanno preparando le valigie per andare altrove, dove possono trovare salari migliori e fondi per continuare le loro ricerche, ma soprattutto lontani dall’Italia che aldilà dei proclami dei governi di ogni genere e colore politico non riesce a produrre nulla di concreto per trattenerli. Negli ultimi dieci anni è più che triplicato il numero dei giovani laureati che hanno lasciato il nostro paese per mete più appetibili. Un recente sondaggio di coldiretti/Ixè riferisce che più del 50% dei nostri giovani under 35 è pronta ad emigrare per trovare lavoro in paesi più dinamici.

Un quadro impietoso del sistema formativo italiano emerge dal rapporto di monitoraggio della Commissione Ue sull’avanzamento dei paesi europei verso i benchmark stabiliti come obiettivi da raggiungere al 2020. Non solo siamo lontanissimi dagli obiettivi ma siamo anche lontani dalla media degli altri paesi europei. In Italia solo il 22,4% della popolazione compresa tra i 30-34 anni ha conseguito una laurea mentre la media europea si mantiene sul 37%. A tre anni dal diploma, in Italia solo il 48,3% ha una occupazione contro una media Europea del 75,5%. Sono quasi tre milioni gli studenti che negli ultimi quindici anni non sono arrivati al diploma e che sono confluiti nell’esercito dei Neet, ragazzi tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano, un costo sociale che Confindustria stima in circa 33 milioni di euro l’anno. Ragazzi dispersi, (il 17,6% media italiana, il 12% quella europea), che abbandonano la scuola senza aver conseguito un titolo distruzione secondaria superiore e che quindi non proseguono gli studi Universitari. Nell’anno accademico 2012-2013 il sistema universitario italiano ha perso 25.000 matricole. Secondo l’ISTAT il tasso di disoccupazione dei giovani compresi tra 15-24 anni, ovvero la quota di disoccupati sul totale degli occupati o in cerca è più del 44% mentre l’incidenza dei disoccupati sulla stessa fascia di età è al 12%. Tutto ciò nonostante la popolazione compresa tra 15-29 anni sia diminuita di quattro milioni di unità rispetto ai primi anni novanta. Nonostante siano in pochi, i giovani faticano di più a trovare lavoro. Tale livello di disoccupazione giovanile è iniquo ed è la più grande forma di spreco di risorse e deterioramento del capitale umano che influenza le potenzialità della nostra economia, e che favorisce la diminuzione della crescita per gli anni a venire. Una forma intollerabile di autolesionismo economico e sociale. La realtà che emerge è quella di un paese che invecchiando e arrancando fatica a uscire dalla crisi che non è soltanto economica, ma anche etica e sociale. Un paese che sul versante scolastico e educativo superiore esprime una forte difficoltà a tenere il passo degli altri paesi europei e che le attuali diposizioni in materia di Scuola e Università non contribuiscono a risolvere. L’Italia è scesa all’ultimo posto in Europa per percentuale di laureati, è penultima per spesa per l’Università in rapporto al PIL e anche ultima nell’OCSE per spesa pubblica destinata all’istruzione. Avremmo necessità di modificare sia gli orientamenti e le politiche del governo sia gli atteggiamenti delle istituzioni rappresentative in modo da restituire al sistema Italia quella spinta e quella tensione al miglioramento, che la rende competitiva con gli altri paesi, ma che oggi sembra smarrita. Per formare cittadini consapevoli, autonomi, critici, in altre parole più liberi e per costituire le premesse per una crescita economica più sostenuta e duratura è necessaria una diversa politica sui giovani, la loro formazione e il lavoro.

Smarrimento e incertezza che serpeggia negli Atenei all’esito delle procedure relative la prima tornata dell’Abilitazione Scientifica Nazionale che ha pure suscitato tanto clamore nei media per le distorsioni e le tante contraddizioni dei risultati, oggetto di circa mille ricorsi al TAR. Si è dovuto mettere in opera una costosa e farraginosa procedura, senza che il sistema universitario avesse avuto la possibilità di assorbire gli idonei delle procedure bandite nel 2008. Soltanto nella prima tornata del 2012 hanno acquisito l’abilitazione nazionale all’incirca 25.000 candidati ai quali aggiungerne altre migliaia della seconda tornata 2013 che è in via di conclusione. Con le attuali disposizioni è ragionevole pensare che soltanto una limitata percentuale degli abilitati potrà prendere servizio in tempi ragionevoli. Anche l’ultimo esercizio di valutazione della ricerca scientifica (la VQR), i cui risultati sono stati utilizzati per la distribuzione della quota premiale agli Atenei, si è svolto mettendo in luce enormi disfunzioni sul piano operativo, sollevando serie perplessità sulla stessa affidabilità scientifica delle tecniche di valutazione adottate dall’ANVUR, che per molti studiosi appaiono lontane dalle migliori prassi internazionali. Non possiamo non citare la caotica vicenda dei test di ammissione ai corsi di Medicina e Chirurgia, alle Scuole di Specializzazione Medica, o ancora sulla gestione dei Tirocini Formativi Attivi per insegnati delle scuole. Il maxi ricorso contro i test d’ingresso ai corsi di laurea di Medicina e Chirurgia ha quest’anno prodotto l’immissione in sovrannumero di ben 5.000 studenti. Un’azione celebrata come una vittoria storica contro il numero programmato dai suoi promotori ma che si è trasformata in un danno per chi il test lo aveva superato mettendo a dura prova l’organizzazione didattica degli Atenei a causa dell’ondata di tanti imprevisti studenti da immatricolare. Una prova generale del caos che rischia di travolgere gli Atenei se si vuol perseguire l’idea di rinunciare alla programmazione nazionale, abolire il test e introdurre un sistema di selezione “alla francese”.

Intanto nell’ Università d’Annunzio

Nel corso dell’ultimo anno, non senza difficoltà e qualche incomprensione abbiamo continuato il complesso e articolato processo di transizione dal vecchio assetto a una nuova, e più moderna organizzazione dell’Ateneo. Un cambiamento necessario e indispensabile (che non può subire impedimenti o rallentamenti) se vogliamo proiettarci nel futuro. Dobbiamo convincerci che il destino del nostro Ateneo dipende dalla nostra capacità di assecondare e promuovere, se non anticipare il cambiamento. Superare la logica delle emergenze e puntare su quelle modifiche strutturali e di comportamento che ci permettono di affrontare le sfide che la nostra Università sarà chiamata a fronteggiare avendo a riferimento l’anno 2018, quando verosimilmente terminerà sia il blocco del turnover sia la riduzione dello stanziamento statale e andranno a regime i criteri premiali previsti per la formazione dell’FFO di ciascun Ateneo.

Si avvia a completamento il passaggio da un bilancio finanziario, differenziato tra le varie strutture di Ateneo, ad un bilancio unico e di tipo economico patrimoniale che garantirà maggiore trasparenza e omogeneità ai sistemi e alle procedure, affidando ai dipartimenti una maggiore autonomia e responsabilità didattica e di ricerca. Una transizione al nuovo che ha richiesto oltre all’adozione di un nuovo regolamento di contabilità la definizione e implementazione delle attività correlate alla predisposizione del budget economico, e degli investimenti e dei budget pluriennali dei dipartimenti e centri di Ateneo. Il nostro bilancio comunque testimonia che la nostra istituzione è solida e ben amministrata un bilancio dal quale emerge con chiarezza la solidità degli equilibri economici e finanziari attraverso i quali poter guardare con fiducia al futuro del nostro Ateneo. Ciò se sapremo, con un’attenta gestione, utilizzare il buon risultato ottenuto quest’anno in quota premiale, ossia un aumento di circa il 7% di risorse statali rispetto allo scorso anno. In questo modo siamo riusciti a contenere a 2.8 milioni di euro le perdite che dal 2009 abbiamo subito per effetto della riduzione del fondo di funzionamento ordinario. Collocandoci al primo posto di una graduatoria di merito, il giornale il “Sole 24 ore”, ha stimato che la nostra Università, nel 2018, quando le attuali regole sulla formazione dell’FFO andranno a regime,  potrebbe beneficiare di un incremento del finanziamento pari al 54,6%. Un risultato che con tenacia e impegno dobbiamo tutti perseguire. L’indicatore di sostenibilità economica e finanziaria (ISEF), che costituisce il parametro che il MIUR utilizza per il recupero del turnover e per misurare la sostenibilità dei corsi di studio, continua a essere positivo, collocandoci tra le Università beneficiarie di una dotazione di punti organici superiore al 100% del nostro turnover. Una condizione che ci permetterà di avviare, attraverso un percorso di reclutamento trasparente e attento al merito, un recupero importante degli organici sia di personale tecnico-amministrativo sia docente. Ricordiamo che nel corso dell’ultimo anno, il nostro organico, è diminuito di cinquanta unità, e in linea con l’andamento generale si è ridotto del 16% negli ultimi sei anni. Le risorse acquisite in maniera premiale dovranno servire sia a migliorare la nostra attività di ricerca in funzione dei prossimi esercizi di valutazione scientifica nazionale, sia a potenziare e consolidare la nostra attuale offerta didattica, che consta di cinquantatré corsi di studio (tutti certificati, senza alcuna riserva, al termine della procedura AVA), ai quali sono iscritti  circa 28.000 studenti. All’interno del panorama italiano segnato, in questi ultimi anni da un calo delle immatricolazioni, la sostanziale tenuta della nostra Università, (a oggi le nostre matricole sono più di 6400), rappresenta un segnale confortante della nostra attrattività. Il rafforzamento delle relazioni tra sistema accademico e mondo produttivo per l’inserimento dei nostri giovani nel mondo del lavoro o per la creazione di nuove imprese è stato un impegno costante del nostro Ateneo che ha consentito l’attivazione di relazioni stabili con più di cinquecento imprese del territorio locale. Non basta, dobbiamo essere pronti a organizzarci per confrontarci con i processi radicali d’innovazione didattica in atto nelle Università del mondo sviluppato. Oggi, la didattica universitaria richiede un profondo cambiamento organizzativo in linea con la rapida evoluzione delle tecnologie ICT e con gli sviluppi della rete, una forte capacità d’innovazione nei metodi, necessari anche per far fronte alla rapida diffusione dei Mooc gratuiti (Massive Open Online Courses) in grado di uccidere nei prossimi anni le Università tradizionali di fascia media e medio bassa.

Alla ricerca scientifica e alla formazione di giovani ricercatori, che continua a costituire un impegno primario del nostro Ateneo, abbiamo, sul fronte del finanziamento interno, dedicato 3 milioni di euro (come quota ex 60%) ai quali vanno aggiunti gli introiti ottenuti da attività di terza missione (circa 200 mila euro). Al finanziamento degli assegni di ricerca sono stati destinati 2.5 milioni di euro ai quali aggiungerne altri 1,4 (milioni di euro) ottenuti dalla Regione Abruzzo, nell’ambito del “progetto giovani”. Inoltre, 3.5 sono i milioni di euro messi in bilancio per assistere i 438 studenti iscritti ai corsi dottorato di ricerca. Giova inoltre ricordare che sono state bandite le procedure concorsuali per il reclutamento di dodici “ricercatori a tempo determinato di tipo b” che al termine del triennio, in caso di valutazione positiva della loro attività scientifica, potranno essere assunti direttamente come professori associati. Uno sforzo enorme a supporto della ricerca e dei nostri giovani ricercatori in particolare, nella convinzione più profonda che ciò rappresenta un investimento per il futuro del nostro Ateneo in grado di migliorare la nostra competitività nazionale e internazionale e avere ricadute positive in campo applicativo. All’impegno dei nostri giovani ricercatori va dato il merito di aver prodotto 45 brevetti e dato vita a 9 spin off.

Nel corso dell’anno abbiamo introdotto in Ateneo un sistema di protocollazione elettronica che costituisce un ambito strategico per l’informatizzazione dei processi amministrativi. Dopo una complessa fase di preparazione il sistema di protocollo informatico e gestione documentale “Titulus”, oltre che all’amministrazione centrale, è stato esteso anche a tutti i dipartimenti. Numerose sono state le sessioni formative che sono state organizzate per fornire un valido supporto a tutti gli utilizzatori.

Inoltre, l’istallazione dell’applicativo per la gestione delle delibere degli Organi statutari ha reso più agevole è trasparente il processo decisionale del Senatori Accademici e dei Consiglieri di Amministrazione del nostro Ateneo.

Nell’ambito dei processi di revisione delle procedure di tipo gestionale amministrativo introdotte nel 2014, merita inoltre ricordare due importanti azioni intraprese riguardanti

- lo sviluppo di una modalità elettronica dell’elezione delle rappresentanze studentesche negli organismi statutari;

- la modifica del meccanismo di tassazione studentesca.

Le nuove proposte sono state istruite e condotte da gruppi di lavoro che hanno visto la partecipazione attiva delle rappresentanze studentesche. La procedura elettronica (peraltro ancora perfettibile), che ha comunque permesso una maggiore partecipazione dei nostri studenti alle elezioni delle rappresentanze, costituisce un decisivo miglioramento sulla strada della dematerializzazione dei procedimenti. Le nuove disposizioni in materia di tassazione studentesca sono state introdotte per migliorare la progressività dei contributi. Si tratta di un intervento che a parità di gettito complessivo, introducendo più fasce di contribuzione, può abbattere del 50% le tasse per gli studenti bravi e appartenenti a famiglie con redditi bassi.

L’esperienza amministrativa maturata in questi primi anni di vigenza ci ha fatto comprendere che il testo del nostro statuto soffre di alcune lacune e contraddizioni e bene ha fatto il Senato Accademico a mettere in agenda, attraverso la costituzione di un’apposita commissione, il tema di una sua revisione per adeguarlo agli obbiettivi strategici dell’Ateneo e superare le contraddizioni presenti nel testo in particolare nei rapporti tra Senato e Consiglio di Amministrazione.

Vogliamo proseguire il proficuo dialogo avviato i con gli altri Atenei Abruzzesi allo scopo di identificare forme di stretta collaborazione didattica e di ricerca che da sole in futuro non potranno più essere sostenute. A questo riguardo ricordiamo che i tre Atenei, in stretta collaborazione tra loro e con il supporto economico della regione Abruzzo hanno realizzato i portali della ricerca e della didattica, permettendo di promuovere l’offerta formativa globale e la qualità dei prodotti della ricerca del Sistema Universitario Abruzzese e avviato il progetto “Studente Universitario Abruzzese” che permetterà agli studenti universitari l’accesso paritetico ai servizi bibliotecari, informatici e linguistici delle tre Università.

Ponendoci come strumento strategico di promozione economica e sociale, vogliamo rafforzare la collaborazione con le altre principali istituzioni amministrative, culturali, imprenditoriali, del territorio. Anche sotto quest’ottica va considerata la nostra partecipazione al progetto di riqualificazione della “ex caserma Bucciante” a Chieti alta (3.500 metri quadri) e l’avvio della cantierizzazione per la realizzazione di una nuova struttura edilizia da 6.000 metri quadri nel polo di Pescara da mettere sia a servizio degli studenti ma concepita come spazio culturale aperto alla fruizione di tutta la cittadinanza. Per la realizzazione dei due progetti è stato previsto un investimento di circa 20 milioni di euro all’interno di un programma di adeguamento e ammodernamento del patrimonio edilizio che ne prevede 48 per il prossimo triennio.

Con la recente ricostituzione della commissione paritetica si è avviata la procedura per la riscrittura di un nuovo e più moderno protocollo d’intesa Università-Regione Abruzzo. Si è intrapreso un percorso che dovrà servire a rilanciare le attività didattiche, di ricerca e assistenziali dell’ex Facoltà di Medicina, in piena sinergia con gli obiettivi del servizio sanitario regionale. Una proficua collaborazione che dovrà permettere al personale universitario e ospedaliero di partecipare alla formazione dei giovani e a progetti di ricerca clinica utili a migliorare la capacità dell’assistenza sanitaria del nostro territorio. Tale percorso d’integrazione si rende ancor più necessario in un periodo di forte contrazione delle risorse pubbliche e di applicazione delle recenti disposizioni ministeriali in materia di organizzazione sanitaria.

Non vogliamo sottacere che il 2014 è stato un anno, difficile, duro, complesso e faticoso da superare, che ha spesso impegnato gli organi statutari in decisioni, anche impopolari, ma in linea con le disposizioni legislative e gli indirizzi strategici della pubblica amministrazione. E’ stato l’anno della temporanea interruzione dell’erogazione di parte del fondo accessorio. Una dolorosa ma inevitabile decisione, che ha comunque prodotto incomprensioni, contestazioni e lacerazioni con il personale tecnico-amministrativo dell’Ateneo. Consapevoli dell’importanza del problema, con grande solerzia e impegno e con la collaborazione dei sindacati nazionali di categoria, l’attuale amministrazione ha predisposto il documento di costituzione del fondo accessorio, mai predisposto in precedenza, che ora aspetta il responso delle autorità competenti. Siamo perfettamente consapevoli che per accompagnare il processo di adeguamento della macchina-burocratica amministrativa alle nuove sfide che ci attendono, non basta collocare risorse all’interno del necessario processo di evoluzione dell’assetto organizzativo dell’Ateneo, che oggi è eccessivamente collocato su ruoli di scarsa responsabilità, di un comparto i cui valori stipendiali sono tra i più bassi della pubblica amministrazione e che attende il rinnovo del contratto da quasi sei anni, ma è anche necessario estendere le quote di incentivazione.

Infine vorrei ricordare che il giorno 8 maggio 1965 l’allora Presidente della Repubblica, onorevole Giuseppe Saragat firmava il decreto n. 1007 (pubblicato sulla G.U. n. 218 del 21 Agosto 1965) con il quale ufficialmente s’istituita la “Libera Università degli Studi “Gabriele d’Annunzio” mettendo così fine ad anni di lotta, contrasti, polemiche e proteste.

Oggi, a distanza di 50 anni desidero ringraziare e esprimere la mia gratitudine alle donne e agli uomini che con grande dedizione, impegno, passione e sacrificio, interpretando le aspirazioni della nostra popolazione, contribuirono in maniera determinante alla nascita della nostra Università.

Sentiamo profondamente la responsabilità di dare continuità e certezza alla breve storia della nostra Istituzione, impegnandoci con passione, rigore, energia e senza timori, onorando in tal modo lo sforzo profuso da chi ha creduto nella nascita dell’Università nel nostro territorio e di chi ci ha preceduto nella sua guida.

Ringraziando coloro che con giudizio e competenza concorrono al governo dell’Ateneo e che ci hanno consentito di raggiungere importanti traguardi;

Grato a quanti tra i docenti e personale tecnico-amministrativo svolgono con passione e generosità il loro lavoro;

Salutando con affetto e gratitudine i colleghi cessati dal servizio per raggiunti limiti di età, nel ricordo dei cari colleghi prematuramente scomparsi con vera gioia e con orgoglio dichiaro aperto l’anno accademico 2014/2015 dell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara, quarantanovesimo dalla sua istituzione ufficiale.