Intervento di Simone Calci - Personale Tecnico e Amministrativo

"Opportunità nel cambiamento"
Simone Calci

Magnifico Rettore, Professori, Autorità, Signore e Signori,
è con vero piacere e grande emozione che porgo a voi tutti un cordiale saluto a nome del Personale Tecnico Amministrativo che oggi ho l’onore di rappresentare.
Per questa opportunità che mi è stata concessa, ringrazio il Magnifico Rettore ed il Direttore Generale.

Alcune novità

L’anno appena trascorso ha segnato un profondo cambiamento per la nostra Università.
L’introduzione del nuovo Statuto, l’elezione del nuovo Rettore, la nomina del nuovo Direttore Generale, il rinnovo degli Organi Accademici sono solo alcune delle novità che hanno coinvolto la nostra Istituzione. Il cambiamento in atto è stato in gran parte determinato dalla legge 240/2010, meglio nota come riforma “Gelmini”. Questa normativa, oltre ad introdurre una profonda riorganizzazione strutturale, impone ai nostri Atenei di ottemperare ad una serie di prescrizioni tra le quali vorrei ricordare:

  • la programmazione triennale dell’offerta didattica e della ricerca;
  • il passaggio alla contabilità economico-patrimoniale;
  • l’introduzione del controllo di gestione.

Inoltre il DLgs. 150 del 2009 introduce per tutti i dipendenti della Pubblica Amministrazione l’obbligo della misurazione e certificazione della performance.
Questi strumenti serviranno a fornire tutte le informazioni necessarie al raggiungimento degli obiettivi di qualità dei servizi e di misura di efficienza della spesa.

Le nuove regole inducono quindi ad una ineludibile pianificazione delle attività che per essere realmente efficace deve avvenire globalmente, ma nel contempo coinvolgere in modo capillare il sistema e riguardare sia le risorse umane, sia quelle finanziarie. È evidente come, a questo punto, si renda necessario un apparato amministrativo adeguato alle nuove necessità.

Riduzione del FFO

Mentre gli Atenei lavorano a questo profondo riassetto strutturale, si assiste parallelamente alla costante riduzione del Fondo di Finanziamento Ordinario.

Infatti, a partire dal 2009 fino ad oggi, il finanziamento ministeriale alle università si è progressivamente ridotto di circa il 13%. Questi tagli, ovviamente, hanno riguardato anche la nostra Università con una riduzione delle entrate che in termini assoluti ammonta, negli ultimi 5 anni, a quasi 6 milioni di euro. Come se non bastasse, la legge di stabilità approvata dall’ultimo governo ha effettuato una riduzione di ulteriori 300 milioni di euro ai fondi destinati all’università per il 2013. Questo ennesimo taglio minaccia di far affondare il sistema universitario, ponendo a rischio default la metà delle università italiane che non potrà così far fronte alle spese ordinarie per il funzionamento. Per i prossimi 5 anni, almeno venti atenei, vedono ad un passo il commissariamento. In generale, le università saranno costrette a ridurre del 20-25% i servizi essenziali: riscaldamento, laboratori, biblioteche. Questo non potrà non avere conseguenze sulle infrastrutture della didattica e della ricerca, sull’offerta formativa e, di conseguenza, sulle immatricolazioni.

Vale la pena ricordare che la funzione primaria dell’università consiste nella valorizzazione del capitale umano attraverso un processo di “produzione della conoscenza”.
Ed è proprio sulla capacità di valorizzare il capitale umano che si misura principalmente l’efficacia e l’efficienza dei servizi universitari.
Diventa così indispensabile introdurre sistemi per il controllo della qualità della didattica e della ricerca: a questi parametri è infatti legato il finanziamento ministeriale.
Coloro che ci governano dovrebbero più spesso considerare che l’istruzione non genera solo benefici diretti verso chi fruisce del servizio, ma anche benefici generali che interessano l’intera società. Una popolazione più istruita migliora la vita sociale; una forza lavoro più qualificata aumenta la produttività delle organizzazioni lavorative e dell’intero sistema economico.
E’ infatti ampiamente accertato da numerosi studi economici, come il capitale umano rappresenti uno dei principali volani della crescita.
Basterebbe ciò per riflettere e smentire affermazioni del tipo: “con la cultura non si mangia” pronunciate da un ex ministro dell’economia. E purtroppo, in linea con queste affermazioni, si sono perpetuate politiche restrittive di spesa per l’istruzione e la ricerca: l’Italia spende per l’università circa lo 0,8% del PIL contro la media dell’Unione Europea dell’1,3%.
Ciò, evidentemente, non consente di formare capitale umano all’altezza della concorrenza internazionale.
Alla luce di quanto si è affermato è indifferibile una profonda riorganizzazione della macchina amministrativa che deve condurre alla formazione ed al riconoscimento di nuove professionalità.
Tale “rivoluzione” vede in prima linea il nostro Personale Tecnico Amministrativo.

La parola chiave di questo momento storico è dunque “cambiamento”

Cambiamento che si manifesta a più livelli: legislativo ed organizzativo; cambiamento che interessa la struttura didattica, amministrativa e gestionale. Cambiamento che ci coinvolge tutti e che deve essere colto come occasione di sviluppo ed innovazione.
Infatti, senza cambiamento non c’è evoluzione, senza evoluzione non c’è crescita. Ed è altrettanto sicuro che senza crescita saremo presto destinati ad essere “fuori dai giochi”.
La nostra Istituzione non potrà avere dunque il necessario grado di competitività per stare sul cosiddetto “mercato della formazione”. Il rischio concreto è dunque quello di perdere la sfida fondamentale alla quale siamo chiamati: istruire e formare le generazioni di domani.
Il Personale Tecnico Amministrativo, componente strategica dell’Ateneo, possiede al suo interno tutte le potenzialità necessarie per raggiungere questi obiettivi.
Mi preme dunque ribadire, in questa sede, il ruolo determinante che nella nostra organizzazione riveste il “capitale umano”, ruolo ancora più importante, poiché la nostra attività è finalizzata a collaborare alla “produzione” di istruzione, formazione e cultura.

Le conoscenze, le abilità, le competenze acquisite durante la vita di ognuno di noi contribuiscono, se opportunamente valorizzate, al raggiungimento degli obiettivi della collettività.
A ciò, non sembri retorico aggiungerne altre due: emozioni e passione per il nostro lavoro. Passione e dedizione che si concretizzano attraverso la creazione di un clima lavorativo sereno e stimolante che consolidi il nostro senso di appartenenza alla comunità accademica.
Tutti noi dobbiamo porci il fine di preservare e rivalutare la qualità delle relazioni umane che, oggi più che mai, costituisce un fattore essenziale di crescita. Solo collaborando in maniera sinergica potremo cogliere tutti i benefici del cambiamento in atto, che offre in sè grandi opportunità.
Da parte nostra , come Personale Tecnico Amministrativo, chiediamo ancora una volta, a gran voce: la adeguata valorizzazione delle professionalità interne, la redistribuzione ottimale delle competenze, l’attuazione effettiva della tanto invocata “formazione continua” nonché l’incentivazione del Personale. Investendo in maniera opportuna sulle risorse interne si potranno conciliare le esigenze di efficienza del “sistema” e razionalizzazione della spesa, si potrà di conseguenza disporre di persone più motivate alla propria crescita professionale.
Ciò avrà una ricaduta positiva su tutta la comunità accademica. Questa strategia è tanto più valida quanto maggiormente si investe sul personale strutturato o quantomeno stabile; si evita così, come talvolta è avvenuto in passato, di vanificare mesi di formazione o di fare un ricorso smodato a risorse in outsourcing per mancanza di professionalità interne.
È evidente che tale processo, in parte già avviato, ha dei tempi di attuazione medio-lunghi. Pertanto se ne potranno valutare i risultati solo tra qualche anno. È importante, però, che esso sia condiviso da noi tutti affinché tutti ne possano beneficiare al meglio.
Concludo invitandovi a riflettere su ciò che afferma l’ economista Keynes a proposito del cambiamento:
“La difficoltà non sta nel credere alle nuove idee, ma nel rifuggire dalle vecchie”.
Nel ringraziarvi per l’attenzione auguro a tutta la comunità accademica e ai presenti un buon lavoro.